S.Agostino dal buio alla luce

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Il Prato di Sant’Agostino nasce nel XII secolo con la costruzione della seconda cinta muraria della città e viene inglobata nel tessuto cittadino al momento della costruzione delle mura attuali (terza cinta).

Descrizione: Il Prato di Sant’Agostino è un giardino pubblico che ti appare improvvisamente, un attimo prima eri nella retta in falsopiano di Via delle Cerchia oppure scendevi curioso dalla Porta all’Arco, arrancavi proveniente dalla ripidissima Sant’Agata o magari da Via Mattioli che non lascia intravedere nulla se non uno squarcio di chiarore. Quindi arrivi. O meglio sei arrivato e una miriade di dettagli ti appaiono all’improvviso e senti forte la pienezza vitale di questo luogo simile a una scenografia teatrale che sa offrire un panorama deliziosamente realistico di Siena.

Affacciandosi dall’altissimo murello risulta chiaro come il rapporto tra il penetrante verde e la città murata sia essenziale. Vitale appunto. Ma torniamo all’approdo e ricorriamo alle parole dell’immenso poeta Mario Luzi che nel corso di un’intervista curata da Carlo Fini ebbe a dire: “vi giungevo al mattino, dopo aver attraversato la ruga d’ombra e di silenzio che caratterizzava Via del Casato. Arrivare al Prato rappresentava per me il passaggio dal buio alla luce. Un percorso liberatorio con un duplice significato: riemergere dalle cupezze di un itinerario inquietante e, dopo l’impegno al chiuso della scuola, ritrovare la libertà all’aria aperta.”

Infatti il Prato di Sant’Agostino è una forma di spazio intermedio sia sul piano urbanistico che emozionale che si riempie di tante realtà umane e professionali, ma non è un coacervo, piuttosto il centro di un macro insieme inserito sulla linea umana cittadina come un efficacissimo punto di snodo dominato dall’imponente Chiesa la cui facciata è prudentemente semplice e gioca a nascondersi dietro al portico colonnato dell’architetto, scenografo e arredatore Agostino Fantastici, oggetto di un recente restauro. Tutto intorno un fiorire di istituzioni secolari e di grandissimo prestigio: la Società Mutuo Soccorso Castelsenio, il Museo di Storia Naturale dell’Accademia dei Fisiocritici, l’Istituto superiore di studi musicali Rinaldo Franci, il Liceo Classico Piccolomini e il Liceo della Formazione, e nella contigua via Mattioli, l’orto botanico dell’Università di Siena e le Facoltà di Giurisprudenza e Scienze Politiche dell’Università di Siena.

Ci sarebbe da restare storditi da una tale densità di cultura e scienza e questi luoghi dovrebbero essere pregni di un’atmosfera austera; invece no, proprio al centro di questa costellazione accademica vive da protagonista il voluttuoso caos calmo del parco pubblico, quello spazio intermedio cui facevo cenno prima che si riempie quotidianamente della vita comune delle persone, degli anziani, degli studenti, dei viaggiatori, dei bambini e delle loro infinite partite di calcio.

In questo Prato, dove vive un organismo culturale che non teme l’incedere dei tempi, si respira il vigore storico portato dall’essere la meravigliosa platea della celebrazione dei trionfi sul campo, dei sogni e delle certezze del popolo tartuchino. Essere della Tartuca vuol dire che del Prato hai le chiavi magiche e ne conosci ogni angolo, qui hai stretto il tuo legame con la Contrada. Starai qui per sempre a goderti lo spettacolo e ad esserne partecipe, godendo nel vedere le generazioni tartuchine stamburare e girare la bandiera sguazzando nel brodo primordiale dell’incubatore contradaiolo e quando ne avrai voglia respirerai la polverosa aria dove vagano sospese particelle di senesità.