Il Risorgimento della Tartuca

Se c’è una Contrada profondamente segnata dal Risorgimento è proprio la Tartuca.
La storia dei suoi colori si intreccia infatti con quella dell’Unità d’Italia.

di Giordano Bruno Barbarulli

Siena dopo Napoleone

Il Congresso di Vienna del 1815 aveva stabilito l’assetto della penisola dopo la caduta dell’Impero Napoleonico. L’Italia era così suddivisa: al nord il Regno di Sardegna (Piemonte, Liguria, Sardegna) con i Savoia, il Regno Lombardo-Veneto di dominio austriaco ed i Ducati di Modena e Parma, al sud il Regno di Napoli e delle due Sicilie sul quale dominavano i Borboni, al centro lo Stato della Chiesa (Romagna, Marche, Umbria, Lazio) ed il Granducato di Toscana che dopo i francesi era tornato agli Asburgo-Lorena appoggiati dall’Austria. La sua Capitale era Firenze ed ovviamente Siena faceva parte del Granducato.
Ma la Rivoluzione Francese, al motto di “Libertè, Egalitè, Fraternitè”, aveva lasciato nella testa dei popoli della penisola segni indelebili di un nuovo anelito di libertà; nel ’20 e nel ’21 erano scoppiati qua e là in Italia i moti insurrezionali della Carboneria, che però erano rapidamente falliti. Nel 1831 Giuseppe Mazzini, proseguendo nel suo impegno indipendentista fondò una nuova organizzazione anti-austriaca chiamata Giovane Italia.
Benché il desiderio di una unità nazionale fosse ormai esteso a quasi tutta la penisola, la popolazione toscana non si trovava poi tanto male sotto il governo dei Lorena e all’inizio trascurò abbastanza quello che di nuovo succedeva nella penisola.
Siena era una città di circa 20.000 abitanti, tutta racchiusa nelle mura ed in stretta simbiosi con la campagna intorno. La popolazione era piuttosto povera e poco scolarizzata; prevaleva l’artigianato, il commercio al minuto e la piccola agricoltura. La Nobiltà che per tutto il ’700 aveva vissuto nel lusso con feste, festini, spettacoli teatrali e grandi cortei del Palio in onore dei Sovrani in visita, era stata ridimensionata dal dominio francese durato 15 anni. A metà ’800 in Siena avevano ancora un forte peso una aristocrazia privilegiata e il clero, ma sulla scena politica e culturale si affacciavano in buon numero anche intellettuali benestanti.  
I senesi non avevano mai amato i francesi, anche perché i francesi non amavano né la Nobiltà, né le Contrade e il Palio. Appena arrivati, alla fine del ‘700, avevano persino intentato un processo contro i Capitani delle Contrade accusati di attività politica antifrancese. I senesi furono perciò contenti del ritorno degli Asburgo-Lorena dopo il Congresso di Vienna. Si ricordavano del buon governo di Pietro Leopoldo, delle sue riforme e del buon conto in cui aveva tenuto le Contrade.
Tornati i Lorena nel 1815 Siena fece così festa a Ferdinando III e poi al figlio Leopoldo II che gli successe. I senesi ripresero dunque le loro feste e i cortei per il Palio, seppur con minor lusso di prima, non preoccupandosi troppo della situazione generale dell’Italia. Comunque anche a Siena nel ’32 fu fondata una piccola società segreta affiliata alla Giovane Italia che come le altre fu subito scoperta e i cui componenti vennero arrestati. Sostanzialmente fu una congiura riformista d’elite, voluta da alcuni universitari ed intellettuali, e poco dovuta al popolo.
Già in quel periodo comunque l’Oca, per i suoi tre colori che erano stati assunti dal Mazzini come simbolo risorgimentale, non era ben vista dalle autorità.

La Tartuca e il Granducato

La Tartuca, più di altre Contrade aveva fatto festa per il ritorno di Ferdinando III. Erano stati portati a termine importanti lavori nell’Oratorio, che finalmente era stato consacrato e arricchito con il maestoso Altare delle Quarantore. Sul versante del Palio le vittorie erano poco frequenti e per quanto riguarda la Chiocciola l’aggregazione nata alla fine del ’600, che era stata già sospesa dalle autorità dal 1814 al 1820, era ormai diventata una vera e propria rivalità, benché l’alleanza fosse ancora formalmente in piedi. Fra le due Contrade c’erano spesso risse per il Palio, fino al punto che in una di queste, nel 1840, un chiocciolino era morto per sbaglio, ammazzato da un altro chiocciolino.
L’altro aspetto da sottolineare della Tartuca di quel periodo è quello dei colori. Già dalla fine del ’700 si era aperta una discussione in Contrada, perché si pensava di cambiare i colori per ragioni estetiche. Sembravano troppo scuri ed era stato già aggiunto un poco di celeste a costumi e bandiere che divennero così meno tetri. Intorno al 1845 i primi sentimenti risorgimentali fecero sì che la Tartuca (come del resto l’Aquila) al suo ingresso in Piazza fosse fischiata da una parte della popolazione per i suoi colori che ricordavano l’Austria. La ricerca di nuovi colori diventò così più pressante ed in qualche occasione si tentò anche di aggiungere del rosso e del bianco alle bandiere togliendo il nero, ma nulla andò in porto.

La prima guerra per l’indipendenza italiana

Nel 1846 Giovanni Maria Mastai Ferretti venne eletto Papa con il nome di Pio IX. Era un uomo di idee abbastanza liberali e su pressione popolare nel ’47 concesse nello Stato della Chiesa la libertà di stampa ed altre riforme, imitato l’anno dopo da Carlo Alberto di Savoia in Piemonte. Anche Leopoldo II nel Granducato di Toscana (e quindi anche a Siena), mostrando una certa autonomia rispetto all’Austria concesse delle riforme liberali importanti quali l’amnistia politica, seguita poi dalla formazione di una Guardia Civica (era composta da cittadini) e di una Guardia Universitaria, dalla concessione della Costituzione ed infine dall’uso del Tricolore.
Papa Pio IX, Carlo Alberto e Leopoldo II vennero perciò visti come gli emblemi delle nuove idee liberali e riformatrici e come simboli del processo unitario della penisola.
Alla fine del 1848 i moti rivoluzionari scoppiati in Francia, a Vienna, a Milano e a Venezia convinsero Carlo Alberto a dichiarare guerra all’Austria. A quel punto il Granducato di Toscana aderì immediatamente alla guerra. Dopo la battaglia di Curtatone e Montanara e la vittoria di Goito, Carlo Alberto fu sconfitto a Custoza, la Prima Guerra d’Indipendenza fu sospesa e venne firmato un armistizio. Nel ’49 la guerra riprese, ma Carlo Alberto, sconfitto di nuovo e definitivamente, questa volta a Novara, cedette il trono al figlio Vittorio Emanuele. La guerra fu dunque persa e l’Austria tornò a dominare nel Lombardo-Veneto, in Toscana e a Siena.

Siena durante la guerra

Per quanto città sonnacchiona ed anche in larga parte filo-lorenese, nella prima metà del ’47, prima dello scoppio della guerra, a Siena c’era stato un gran fermento. Ai primi di luglio alcuni studenti liberali che dopo cena cantavano inni patriottici si erano scontrati con i carabinieri e alla Lizza era stato ferito lo studente Lodovico Petronici che alcuni giorni dopo morì all’ospedale. I cittadini senesi rimasero profondamente colpiti e commossi dall’evento, fino al punto di agitarsi contro il Governo ritenuto responsabile dell’accaduto. A settembre ci fu nuova confusione in città per l’aumento del prezzo del pane e vennero assaltati anche tre forni. Pochi giorni dopo, la festa per l’istituzione della Guardia Civica celebrata in Piazza del Campo servì a pacificare la popolazione senese ormai divisa in due: una parte di idee decisamente risorgimentali ed anti-austriache ed un’altra moderata, a cui in quel momento Leopoldo II e il Papa, insieme a Carlo Alberto, apparivano come i fautori della nuova Patria unita, grazie alle loro concessioni liberali.
Quando nel 1848 il Piemonte dichiarò guerra all’Austria Leopoldo II, per le pressioni democratiche, aderì al conflitto a fianco di Carlo Alberto ed un gruppo di studenti universitari senesi si arruolarono volontari nell’esercito piemontese. Alcuni di loro morirono nelle battaglie di Curtatone e Montanara, come ricorda ancora oggi il monumento nel cortile del Rettorato dell’Università. Siena in lutto sospese il Palio di luglio devolvendo il premio di 420 Lire della Contrada vincitrice alle famiglie dei militari in guerra. Il Palio d’agosto venne invece corso regolarmente, seppure anticipato al giorno 15, e lo vinse l’Onda.
Alla fine del ’48 nell’Oca, che per il tricolore era applaudita da parte della popolazione, si formerà persino un circolo politico, mentre Tartuca e Aquila erano sempre fischiate per i loro colori ed i loro emblemi.
Al momento dell’armistizio che interruppe temporaneamente la guerra Leopoldo II acconsentì alla formazione di un governo democratico e rifugiò la famiglia proprio a Siena, città ancora molto a suo favore, dove era ben visto e dove si sentiva più al sicuro. Ma ai primi del ’49, nell’incertezza dell’esito della guerra che di lì a poco riprese, il Granduca abbandonò la Toscana e in Piazza del Campo venne temporaneamente innalzato “l’albero della libertà”.
Alla fine della guerra con la sconfitta di Novara e la vittoria austriaca sia i toscani liberal-moderati che quelli di idee più patriottiche, ambedue d’accordo di evitare il diretto dominio austriaco, tentarono di salvare il regime costituzionale puntando proprio sul rientro in Toscana di Leopoldo II. Ma il 20 luglio 1849 i soldati austriaci entrarono in città e subito dopo il Granduca, con la protezione dell’Austria, fu di nuovo a Siena con il preciso mandato di fermare per lungo tempo il processo di innovazione e di unificazione dell’Italia che con la fine della Prima Guerra d’Indipendenza subì dunque un arresto. Iniziò così il periodo della Restaurazione.
A Siena nel mese di ottobre, dopo che i due Palii erano stati regolarmente corsi (vinti rispettivamente dal Montone e ancora dall’Onda), Leopoldo II inaugurò la nuova ferrovia (un progetto di grande utilità per la città che giunse a compimento dopo alcuni anni di lavoro) con una grande festa cittadina e con un Palio straordinario, a recupero di quello soppresso nel ’48, che venne corso il 21 ottobre. Come fosse un ultimo rigurgito risorgimentale vinse proprio l’Oca tricolore, a scapito della Tartuca e dell’Aquila che erano le Contrade favorite.

 

La Tartuca papalina

Proprio nel 1847 la Tartuca attraversava un momento di grande tensione, sia per ragioni interne che per il problema dei colori. In Contrada convivevano due sentimenti politici contrapposti poiché, oltre ai moderati che erano in maggioranza, vi erano anche quelli favorevoli ad un movimento risorgimentale autonomo, come per esempio Giuseppe Baldini detto Ciaramella che sarà anni dopo uno dei Colonnelli della spedizione dei Mille e che Giuseppe Garibaldi volle poi incontrare nella sua visita senese del 1867, come ricorda una lapide di Via dei Termini. Questa contrapposizione creava frequenti discussioni all’interno della Contrada. Era persino stata nominata una Deputazione costituita da ”uomini saggi” per vigilare sui rapporti fra i contradaioli. Poiché i cittadini senesi filo-lorena erano detti codini, per estensione fu attribuito in quel periodo lo stesso epiteto anche ai tartuchini.
Durante il Palio d’agosto un’altra rissa fra Tartuca e Chiocciola all’Arco di S. Agostino si aggiunse alla morte dello studente Petronici e alle successive agitazioni di settembre per il pane. Poiché in città si era creato un forte clima anti-austriaco e contemporaneamente anti-Tartuca, per la festa della Guardia Civica fu sconsigliato alla Contrada di presentarsi con la bandiera gialla e nera, così come all’Aquila di usare il suo emblema di animale bicipite. Quindi per evitare i fischi di una parte della popolazione la Tartuca decise di cambiare i colori della bandiera in giallo e bianco, in onore di Papa Pio IX; il nuovo vessillo venne detto bandiera-Mastai. L’Aquila invece sostituì il suo animale con un castello sormontato da due chiavi. 
Se la festa per la Guardia Civica fu momento di pace per la popolazione, non lo fu invece per Tartuca e Chiocciola. Il cambio colori non piacque ai chiocciolini che, rivolgendosi al Governo, accusarono i tartuchini di opportunismo politico. Il clima di tensione fra le due Contrade molto cresciuto, ed anche la necessità di dare in quel momento un segnale di pace alla città, indussero le autorità a forzare Tartuca e Chiocciola ad una plateale e pubblica pace. Fu la famosa pace del 1847, fatta con pranzi, discorsi ufficiali, cerimonie religiose ed un libretto di poesie, alla quale partecipò anche Padre Pendola. La pace fu molto celebrata, ma come ben sappiamo fu una pace fasulla.
I nuovi colori giallo e bianco attenuarono momentaneamente le polemiche, ma durarono poco, cioè solo per il 1848 perché già a metà del ’49, con la vittoria austriaca, la Tartuca, dopo molte discussioni interne nelle quali prevalse la “corrente storica”, decise di tornare gialla e nera allineandosi alla Restaurazione. Le Autorità, contente della scelta fatta, autorizzarono il ritorno ai vecchi colori, ma le polemiche con la Chiocciola ricominciarono e con esse ricominciarono anche i fischi di larga parte della cittadinanza.

La Restaurazione

Nei dieci anni seguenti ci fu una forte repressione in tutta la penisola. In Toscana Leopoldo II soppresse lo Statuto e limitò la libertà di stampa perdendo il favore anche dei suoi tradizionali sostenitori. Il sentimento anti-austriaco però cresceva ancora e l’idea di una unità nazionale diveniva sempre più inarrestabile.
Durante la Restaurazione dal ’49 al ’58 anche a Siena, come in tutta Italia, repubblicani, mazziniani e studenti continuavano a cospirare, a tenere riunioni segrete e a provocare disordini, mentre le autorità attuarono per dieci anni misure repressive, processi ed arresti di esponenti della corrente politica liberale, che coinvolsero fra l’altro anche cinque Capitani di Contrada che avevano idee risorgimentali. All’Oca fu imposto di sostituire il rosso con il rosa per attenuare il simbolo risorgimentale.
Come è noto in quel periodo i costumi delle Contrade, per motivi ancora in parte da indagare bene, ebbero per pochi anni la foggia delle divise militari piemontesi. E come noto quelli della Tartuca furono ancora costumi gialli e neri e quindi fischiati (di quei costumi però resta oggi solo un bozzetto conservato in Archivio Comunale).
Per la Tartuca, dal 1850 in poi, la situazione cambiò ben poco, casomai peggiorò. Aumentarono i fischi della popolazione verso i colori giallo e nero ed aumentarono anche le discussioni interne. La Contrada andò in crisi e non si trovava più nessuno disposto a fare il Priore, il Capitano e neppure a vestirsi in comparsa. Furono per la Tartuca anni molto duri: la Chiocciola sobillava contro di noi anche le altre Contrade, i dirigenti tartuchini si lamentavano, ma le Autorità non prendevano in seria considerazione il problema, o meglio lasciavano che le cose andassero in quel modo. Alla fine, nel 1857, i dirigenti esasperati dalla situazione minacciarono di “portare le chiavi in Comune”, di non partecipare alla processione Domenica in Albis e di non correre neppure il Palio.In realtà fu solo una minaccia, perché la Tartuca non vinceva dal 1843, mentre la Chiocciola aveva fatto cappotto nel ’50 e rivinto nel ’53 e nel ’55; quindi era opportuno correre. Proprio a luglio del 1857 la Chiocciola rivinse a scapito della Tartuca, che fece ancora le spese dei colori austriaci, e come conseguenza ci furono altre lunghe discussioni fra i contradaioli che portarono alle dimissioni di vari dirigenti.
L’anno dopo, nel maggio del ’58, trovati nuovi dirigenti, una coraggiosa Assemblea decise alla fine che la Tartuca avrebbe cambiato i colori da giallo e nero a giallo e celeste. I chiocciolini protestarono nuovamente e chiesero l’intervento delle autorità, mentre anche i tartuchini protestavano per i fischi ricevuti, ma le autorità non presero posizione. Per il palio di luglio la Contrada non venne estratta a sorte e fu favorita la vittoria dell’Oca tricolore; ad agosto alla fine il fantino della Tartuca corse con i nuovi colori, ma vinse un’altra volta la Chiocciola.
La situazione era ormai divenuta insostenibile. L’unica nota positiva fu un aiuto indiretto del Comune per i nuovi colori che ancora non erano ufficialmente riconosciuti. Da tempo si pensava infatti a nuovi costumi storici per le Contrade perché i vecchi erano logori e quelli militari non andavano troppo bene. Alla fine del 1858 il Comune stabilì (Delibera del 15 dicembre) la foggia rinascimentale che avrebbero avuto quelli futuri. I nuovi costumi in realtà sarebbero stati fatti alcuni anni più tardi, ma intanto nella Delibera si accettavano i nuovi colori della Tartuca.

 

La Seconda Guerra d’Indipendenza

Nel frattempo Vittorio Emanuele II aveva chiamato al governo Camillo Benso di Cavour che nell’aprile del ’59, alleandosi con la Francia, aprì la Seconda Guerra d’Indipendenza contro l’Austria. Allo scoppio della guerra Leopoldo II questa volta rifiutò l’alleanza del Granducato con il Piemonte e abdicò per un governo provvisorio guidato dal Ricasoli. Molti volontari senesi si arruolarono nell’esercito piemontese.
Per la Festa Titolare la Tartuca, per dimostrare i propri intenti risorgimentali e ridurre i fischi per i colori che ufficialmente erano ancora il giallo e nero, versò dei soldi a favore dei soldati in guerra e per prima si espresse a favore della sospensione dei due Palii. Infatti a Siena a causa della guerra i Pali del 1859 non furono corsi.
La guerra iniziò con alcune vittorie franco-sarde sugli austriaci e a giugno ci fu quella definitiva di Solferino che pose rapidamente fine al conflitto. Venne sottoscritto l’Armistizio di Villafranca che fu seguito da complicate trattative fra i vari stati per il nuovo assetto della penisola. Per la Toscana c’era l’ipotesi del ritorno dei Lorena, ma l’abile e diplomatico Bettino Ricasoli proseguì il suo impegno unitario opponendosi al loro ritorno (fu detto il Barone di ferro). A marzo del 1860 la Toscana, come la Lombardia e l’Emilia-Romagna, con un clamoroso plebiscito esteso ai cittadini maschi di tutti i ceti (le donne allora non votavano) decise di annettersi al Piemonte.
A guerra finita, il 27 aprile del 1860 Vittorio Emanuele II era in visita a Siena e fu corso un Palio straordinario che vinse l’Onda. Per questo Palio straordinario e poi anche per il Corpus Domini, la Tartuca venne nuovamente fischiata perché i costumi nuovi non c’erano e le sue insegne erano ancora gialle e nere.
Poco dopo, il 5 maggio, partì da Quarto la spedizione dei Mille guidata da Giuseppe Garibaldi che in quattro mesi conquistò tutto il sud-Italia, le Marche, l’Umbria e lo Stato della Chiesa. Nell’incontro di Teano del 26 ottobre Garibaldi consegnò a Vittorio Emanuele tutto il Mezzogiorno.
Infine il 17 marzo 1861 a Torino Vittorio Emanuele II venne proclamato Re d’Italia “per grazia di Dio e volontà della Nazione”. L’unità non era però completa perché il Veneto si aggiungerà cinque anni dopo e Roma nel 1870 con la “breccia di Porta Pia”. Il 2 giugno 1861 in tutte le città fu celebrata la prima Festa Nazionale dello Statuto. 
La Sala del Risorgimento del Palazzo Pubblico, affrescata nella seconda metà dell’Ottocento dai pittori senesi Aldi, Cassioli e  Maccari, coordinati da Luigi Mussini, voluta del sindaco di allora Luciano Banchi, tartuchino, celebra appunto le gesta risorgimentali.

Il Risorgimento della Tartuca

Dopo i fischi del Palio straordinario del ‘60 i dirigenti tartuchini protestarono fortemente con le Autorità, ma ancora inascoltati e disperati dettero di nuovo le dimissioni. La Contrada fu affidata a tre Reggitori: Banchi, Vannini e Porciani, il più importante dei quali fu Luciano Banchi, successivamente anche Sindaco di Siena. Dato il permanere della situazione a un certo punto l’Assemblea Generale prese la grave e dura decisione di chiedere al Comune di non partecipare ai due Palii che sarebbero stati corsi in quell’anno.  
E così nel 1860 la Tartuca non corse mai: vinsero rispettivamente il Leocorno e l’Istrice.
Finalmente nel 1861 il clima era già più sereno, sia perché l’Unità d’Italia era stata ormai dichiarata il 17 di marzo, sia perché l’acredine verso i colori austriaci tendeva a calare. La Tartuca, sempre guidata dai tre Reggitori, nominò allora uno di essi Capitano, il Porciani, e chiese al Comune di poter partecipare nuovamente al Palio.
A Siena la festa dello Statuto del 2 giugno 1861 fu organizzata alla Lizza e dopo fu corso il Palio anticipando quello di luglio (con l’idea di spostarlo a questa data per sempre, cosa che poi non avvenne perché i senesi decisero che il Palio era Palio e la festa dello Statuto un’altra cosa).
In una città imbandierata a festa con il rosso, il bianco e il verde, la cosa più banale che potesse accadere era la vittoria dell’Oca e così fu. Vinse (o si volle che vincesse) proprio il tricolore di Fontebranda a suggello dell’Unità d’Italia fra il tripudio della popolazione. La Tartuca per quel Palio non era stata estratta a sorte. Ci fu poi il consueto Palio d’agosto e la Tartuca finalmente uscì. Dall’aprile dell’anno precedente la Contrada non aveva corso per ben tre volte e non vinceva da diciotto anni. Per l’occasione oltre al giubbetto del fantino fu cucita la prima bandiera gialla e celeste.

Il 16 agosto 1861 la Tartuca, dopo lungo digiuno, vinse il Palio con un cavallo storno montato da Bachicche. Ma fu una vittoria sofferta, pagata cara e che risentiva ancora della vecchia immagine gialla e nera. La cronaca della corsa e del dopo-corsa riportata dallo Zazzeroni ha toni quasi drammatici.
La Tartuca era riuscita a comprare tutti gli altri fantini. Alla mossa andarono solo in otto e Bachicche fu fatto scappare primo. Tutti lo lasciarono vincere, eccetto la Lupa. Il fantino della Chiocciola fece solo due giri, si fermò, fece finta di afferrare la Tartuca, ma la lasciò passare: finita la corsa venne arrestato. All’arrivo la gente in Piazza fece una fogata al fantino della Tartuca e protestò contro il Mossiere, mentre neppure le Contrade alleate spiegarono le bandiere alla vittoria della consorella.
Vista la malaparata e per le presunte irregolarità il drappellone fu portato in Comune e venne assegnato ai dirigenti tartuchini soltanto il giorno dopo, nonostante il parere contrario degli altri Capitani che volevano ricorrere il Palio. Il Magistrato Civico aveva comunque deciso che aveva vinto la Tartuca, ma per paura delle proteste i tartuchini non fecero il consueto giro della Vittoria in città.
Dunque 150 anni fa, il 1861 - anno dell’Unità d’Italia - vide trionfare due Contrade: prima l’Oca con il tricolore, la bandiera più amata dagli Italiani, e poi la Tartuca, la meno amata dai senesi, nonostante avesse già cambiato i suoi colori.
Il clima anti-Tartuca non era ancora finito del tutto, ma per la prima volta aveva vinto il giallo e celeste. Per la Contrada sarebbe cominciata un’altra storia. Dopo un lungo e difficile periodo, travagliato da problemi esterni ed interni, la Tartuca era risorta ed aveva ritrovato la propria unità.
Come l’Italia.

Società M. S. Castelsenio 18 marzo 2011
Appunti per il 150° dell’Unità d’Italia

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