Adù, immenso come il suo amore per la Tartuca

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L'unica cosa che resterà misteriosa della vita di Adù è la sua nascita. Era nato a cavallo tra il 1931 e il 1932, e la registrazione all'anagrafe fatta da babbo Parisio (falegname in Via Sant'Agata) pare sia avvenuta qualche giorno dopo causando una lieve discordanza anagrafica. Per tutto il resto Adù è un grande libro aperto: un universo immenso, un tumultuo di passione e generosità  che ha investito la Tartuca, divenendone un uomo simbolo. Era nato nella parte di Castelvecchio che volge verso la Madonna del Corvo e lì trascorse la sua infanzia, tra le stradine di un rione povero fatto di vinai e botteghe.
Da giovanissimo, passata la guerra, si cimenta come apprendista orologiaio in una bottega al Chiasso Largo, ma ben presto prende in mano l'attività del babbo -  che nel frattempo si è trasformata in quella di mobiliere – dandole un nuovo slancio imprenditoriale, sull'onda del boom economico degli anni '60,  fino a farla divenire un punto di riferimento per tutta la città.
La Contrada  nel frattempo timbrava le vittorie del 1951 e 1953, ed il ventenne  Adù che sfoggiava un invidiabile fisico asciutto e vigoroso, si getta come un fiume in piena nei festeggiamenti di quegli anni memorabili. Lo rivediamo nelle foto di Giulio Pepi, giovane alfiere ai Tufi o nei giri in Città e ritroviamo in quelle storiche foto tutta l'affettuosa esuberanza con la quale ci ha sopraffatti, travalicando le divisioni generazionali.
Nei primi anni sessanta il Capitano Ottaviano Neri lo inserisce tra i suoi collaboratori, una sorta di allievo mangino, e nel 1966 Gianni Ginanneschi lo nomina fiduciario ufficiale insieme a Giulio Francioni (mangino del popolo) e Waldemaro Baglioni.
In quell'anno avviene lo storico cambio di fantini  tra Chiocciola e Tartuca. Canapetta va in San Marco e noi montiamo Canapino, il fantino con il quale Adù e Mauro instaureranno un strettissimo rapporto costellato da esaltanti  momenti e temporaneee incomprensioni.
Arriva una purga, in quell'incredibile carriera dell'agosto 1966, ma incredibile lo sarà, per altri versi, anche la carriera successiva quella che vedrà la Tartuca trionfare con Topolone e Canapino. Adù, seppure trentacinquenne, nella bellissima copertina realizzata da Augusto Mazzini, nel Numero Unico “Carta canta e villan dorme” appare già un uomo maturo. E' già l'Adù che conosciamo. 
La Contrada ha comprato gli appartamenti che gettano le basi per la casa della Società e Adù, eletto presidente di Castelsenio nel 1970 (incarico che terrà fino al 1975)  inizia la sua battaglia per la ristrutturazione della sede, riversando tutta la sua inesauribile energia vitale in un progetto che vedrà la luce tre anni dopo, il 16 maggio 1973.
Nel frattempo arriva la vittoria  del 2 luglio 1972, con Mirabella e Aceto, Adù che è anche Vicario Procuratore, è uno dei  grandi artefici dei festeggiamenti. Dalla sua febbrile invettiva nascono brillanti e gaudenti definizioni che sopravvivono tutt'oggi nel gergo dei tartuchini. Il “Saltaleone” nome ripreso sull'onda del film “Brancaleone”, è una figura indefinibile, simbolo godereccio e beffardo del suo spirito contradaiolo. "Facciamo palla" è il suo inimitabile richiamo alla forza dell'unità. C'è già tutto Adù: è la sua stagione d'oro. La sua voce intensa e roboante risuona nei saloni di Castelsenio,  qualche bambino lo guarda impaurito, sembra un orco cattivo, ma lui, con una carezza e uno sguardo dolce, sorride bonario e rivela tutta la sua natura affettuosa e benevola:  è tenero come un “Burro”, altra definizione “metaforica” (ripresa dal mitico fabbro Ghigo Cappannoli)  che lanciava come un saetta vocale passando tra i tavoli degli amici durante una cena in Società o lungo via delle Murella. 

Nel 1976  diviene naturale il suo arrivo alla carica di Priore. La Tartuca attraversa un momento difficile e nel 1978 insieme al suo inseparabile amico della vita Mauro Bernardoni, si fa da parte ed entra ufficialmente del Consiglio dei Maggiorenti.  Il suo percorso dirigenziale finisce qui ed è giusto ripercorrerlo seppure a grandi linee, per ricorcordare che Adù è stato sì uomo di popolo, ma anche  un grande uomo delle istituzioni tartuchine. Ha incarnato la figura del contradaiolo che sa trasformare in concretezza di opere l'inesauribile amore per la Tartuca e per tutti i tartuchini.  Con i suoi amici di sempre, il Mimmi, Carlo, Sandro, Silvano, Marcello, Giordano, Pierangelo,  Mauro, Pietro e altri ancora ha tenuto le fila di un gruppo di contradaioli che hanno fatto della Tartuca l'oggetto di un amore generoso e sconfinato. Adù c'è sempre stato per tutto e per tutti, era se stesso in ogni  situazione, chiarezza di parola e schiettezza di sguardo e di pensiero, senza nessuna contaminazione di ipocrisia o interesse personale; ha solo donato, solo dato, solo offerto o messo a disposizione, in una spasmodica ricerca per fare dei tartuchini il suo meraviglioso mondo di gioia e di incessante prodigalità.
La sua vita è stato un impetuoso fiume in piena in cui ciascuno di noi ha potuto dissetarsi e ognuno di noi si è rigenerato.
Troveremo adesso la forza di fare tesoro di tutto questo nostro stare insieme a lui? Troveremo il modo di farci ancora illuminare dalla sua voce? Troveremo in quale maniera utilizzare ancora l'energia del suo amorevole vigore? Il suo posto di capotavola resterà senza capotavola, la sua voce carnale non risuonerà più nei locali del suo regno di Castelsenio, ed è inutile confortarci con parole di circostanza. Ci mancherà e basta, e solo il pensiero della sua vita piena di amore per la Tartuca potrà, in parte, compensare il grande vuoto che lascia.
A tutta la sua famiglia, alla moglie Margherita, ai figli Gloria e Luca vanno le più sentite condoglianze ed il grande abbraccio di tutta la Contrada. Le esequie, in forma privata, si terranno nell'Oratorio della Tartuca in via Tommaso Pendola, giovedi 21 maggio alle ore 15,00.

(Giovanni Gigli)

 

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