"Gli uomini che sussurrano ai cavalli" -definizione azzeccatissima per descrivere i Barbareschi: sussurrano i sogni e le paure di un intero popolo, che fuori dalla dalla stalla, aspetta, spera, si infervorisce... e sono anche in grado di ascoltare quello che il cavallo, a sua volta, sussurra. Quello del Barbaresco è senz'altro uno dei più affascinanti ruoli del Palio: nell'immaginario collettivo, questa figura viene guardata con un misto tra scaramanzia e rispetto, e assume dei contorni quasi "leggendari", che si delineano sempre di più attraverso il tramandamento orale degli aneddoti a loro collegati.

Inutile recriminare su come siano cambiati i tempi: è un dato di fatto che le occasioni di poter utilizzare questa forma di comunicazione in prima persona non sono più così numerose. E' stata quindi una preziosa esperienza vedere riuniti allo stesso tavolo alcuni Barbareschi "storici"della Tartuca e delle altre Consorelle e poter ascoltare le loro testimonianze: attraverso un animato dibattito, curato dai nostri abili mediatori Luciano Sardone e Antonio Gigli, è stato possibile ripercorrere l'excursus di come sia cambiata durante gli ultimi decenni la figura del Barbaresco, da unico"responsabile" del cavallo (ed anche, in alcuni casi, del fantino, come hanno vivacemente puntualizzato gli ospiti), a "leader" di un squadra affiatata composta da figure professionali di cui comunque il palio moderno non potrebbe fare a meno. Qual'è il requisito fondamentale per poter ricoprire questo ruolo? Qui le risposte sono unanimi: serve tanta, ma tanta passione. Oggi come allora.

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