Fiera e dolce, addio Anna
ll 16 agosto 2001 abbiamo salutato Anna Carlucci, la nostra custode. Quale disegno possa predisporre un addio così duramente vissuto nelle ore in cui si celebra la Festa del Palio non è dato saperlo. L’Oratorio è gremito di contradaioli, di amici e parenti, ognuno rapito dalla fissità del proprio dolore in una deriva di sentimenti: stupore e sofferenza da una parte, attesa di un evento intriso di gioia e speranza dall’altra.
Come non pensare che di lì a poco, dove adesso il corpo di Anna, spento dalle mille tribolazioni di una feroce malattia, riposa coperto dalla bandiera gialla e turchina, Don Floriano avrebbe benedetto i protagonisti di una guerra giocosa e antica? In silenzio e storditi da tanti e contrastanti pensieri non era facile lasciarsi cullare, come sempre accade in questi dolorosi momenti, al dolce ricordo della persona tanto amata e adesso perduta.
Anna era sanguigna, vera, passionale, autentica. Stirpe Carlucci per intendersi. Quale sollievo, passato il timore di leggere il manifesto funebre appena attaccato in fondo alla strada, vedervi scomparire l’anonima frase – tanto anonima da suonare offensiva – “appassionata contradaiola”. Esiste un deliberato dell’Assemblea che impone questa disgraziata dicitura a tutti i contradaioli, ma finalmente è stato chiaro che la Contrada è una famiglia e non un’azienda. Siamo tutti uguali è vero, ma a qualcuno vogliamo più bene perché più bene ha voluto alla Contrada ed ognuno di noi vive una vita diversa dalle altre.
Impeto, dolcezza e fervore: Anna era anche questo e poi ancora dedizione, amore verso le cose della Contrada, verso le persone che amava. La sua voce ha risuonato per lungo tempo in Tommaso Pendola, quasi ne facesse parte come la fontanina o l’Oratorio. E di quante impazienti urla di richiamo, di sincero rimprovero, è popolata la nostra mente!
Anna faceva una cena, e la lista dei prenotati subiva una improvvisa impennata. In cucina riusciva ad esaltare le voglie più goderecce dei tartuchini. Cene del venerdi e settimane gastronomiche: la sua opera proseguiva dai locali dell’economato a quelli della cucina.
Non era una donna facile da domare. Ha incarnato l’autenticità spirituale della donna senese, fiera e dolce, combattiva e amabile.
Non sarà facile dimenticarla, sovrapporre allo sgomento della sua scomparsa l’ordinario sfilare dei giorni ed il velo del tempo.
Giovanni Gigli