Marcello, la grandezza delle persone semplici
"E con cuore appassionato l'aiuto
aspetto di quelle cose care che ci aprono la via dell'onore"
John Keats
"Quando me ne andrò, voglio che sia te a ricordarmi su Murella". Così mi disse Marcello Giannetti, all'improvviso, al termine di una breve chiacchierata, una delle ultime volte con cui ci ho parlato, strappandomi una triste promessa che avrei voluto mantenere il più tardi possibile. Ma il momento è arrivato, caro Marcello. L'ultimo nemico, come lo chiamava San Paolo, che tenacemente e con esemplare dignità hai combattuto ha prevalso e ora, al termine della battaglia, è scesa finalmente la quiete. Vedi, è proprio la Sala delle Adunanze, il luogo dove per tanti anni hai seduto al tavolo della dirigenza accanto al Priore di turno, che veglia su di te e ti protegge, nella sua austera semplicità, in questo ultimo viaggio. Cinque sono stati i Priori che ti hanno voluto vicino. Vicario generale con Giovanni Ciotti, Cesare Manganelli, Vito Messina, Ivo De Santi e Giordano Barbarulli, dopo aver rivestito anche la carica di Camarlengo.
Nel campo dell'impresa industriale quelli come te li chiamano manager. Hanno il ruolo di ammnistrare, pianificare e coordinare tutti gli altri. Ci vogliono grandi doti di pazienza, prudenza, capacità decisonali e relazionali. Tu racchiudevi tutto questo e molto altro ancora. Perchè la Contrada non è un'azienda e non basta essere bravi in economia o strategia, occorrono quelle doti umane che ti caratterizzavano e che ti rendevano prezioso per tutti noi. E agli atti concreti occorre sempre far seguire quella corrispondenza morale che solo tu possedevi e tenevi viva in Contrada, donandola a chiunque ti stesse vicino. Ti ho conosciuto al lavoro appena ventenne, io giovane cancelliere alle prime armi e tu, Vicario Generale, mi dispensavi, o meglio mi insegnavi con l'esempio dei tuoi principi etici, quale era la strada da seguire: come si semina, come si fa crescere, come si raccoglie e come si tramanda. E la storia della nostra vita in Contrada è tutta qua, in questi semplici amorevoli gesti, guidati da un grande cuore e con un'amore appassionato verso i nostri colori. La fecondità del tuo raccolto è stata immensa, così come la tua elettiva semplicità, la tua inconsapevole modestia, la tua fedeltà alla consegna data, il tuo operoso silenzio nel disbrigo dei mille piccoli e grandi problemi che piano piano, con abile pazienza hai risolto.
Hai attraverso le nostre antiche strade onorando i grandi dirigenti del passato, quelli che si vedono nei ritratti della nostra Sala della Deputazione. Tu diresti di "no", al solito, ma un filo tenace ti lega alla stirpe di Ottaviano Neri, Pietro Tamburi, Giovanni Bartalini, Giovanni Ciotti e altri ancora, seguendo quello stesso cammino sapientemente percorso.
Forse anche te hai imparato da loro, hai rubato con gli occhi e col cuore, i gesti della semina per assicurare ancora alla Contrada tartuchini e tartuchine che porteranno dentro di loro il frutto nobile delle loro leggi morali contadaiole.
E allora eccoci qua, Marcello, la Tartuca vedi, ti abbraccia, grata della tua opera, del tuo insegnamento e i nostri affanni saranno più lievi nel dolce ricordo che ci hai lasciato e che a te ci riconduce.
Insieme all'amata moglie Marcella, a Sandra e Simona, a Francesco, Edoardo, Yuri, Antonio e Dario, il popolo di Castelvecchio si stringe con affetto e sincero cordoglio.
(Giovanni Gigli)