Breve storiografia tartuchina

La più antica edizione a stampa edita dalla nostra Contrada sembra risultare un pregevole libricino del 1818 uscito dalla stamperia di Giovanni Rossi.  Si tratta della “Memoria istorico – cronologia della Tartuca pubblicata in occasione della solenne consacrazione della Chiesa di detta Contrada”. Per quanto al momento ne sappiamo, dunque, rappresenta anche il primo documento tartuchino in cui si tenta di dare un senso all’origine della nostra Contrada. In quell’anno la Tartuca intraprese un importante ristrutturazione dell’Oratorio (per maggiori dettagli si consiglia la lettura della ricerca di Giordano Bruno Barbarulli “Notizie storiche sulla Contrada della Tartuca”, Contrada della Tartuca, 2006), seguita direttamente anche dal Granduca di Toscana Ferdinando III. Il libretto è giustamente dedicato “Alla generosità dei suoi protettori” che di fatto contribuirono di tasca propria ai costosi lavori che ci hanno consegnato l’Oratorio così come oggi possiamo ammirarlo. In apertura si è pubblicato un sonetto scritto per la consacrazione dell’Oratorio. A pagina 7 ha inizio le “Memoria istorico cronologia della Contrada della Tartuca”. Questa pagina, in qualche maniera, segna la presa di coscienza della Contrada della propria storia. Si avverte per la prima volta la necessità di scavare nel proprio passato, ritrovare le fondamenta, le origini e consegnare ai posteri una storia iniziata oltre 300 anni prima. L’aulica prosa del tempo ritma con sapienza le assolute certezze storiche sulla nascita della Tartuca, facendo risalire la scelta dell’animale “tartuca” dal vessillo della legione romana che nel 290 a.C. si accampò nell’attuale zona di S. Quirico per creare la prima colonia romana. Dunque il simbolo della Contrada viene fatto ricollegare direttamente con la fondazione di Siena. Di certo non possiamo sapere se quella legione avesse per insegna una tarturuga che sovrasta un castello come si dice nella “Memoria”. Per altri prevale invece l’ipotesi che i colori giallo e neri adottati dalla Tartuca traggano origine dall’insegne del Sacro Romano Impero (molto più plausibile farli derivare dal colore della corazza dell’animale). Comunque è curioso sapere che è proprio in quel periodo, nel 289 a.C.che viene fondata “Sena Gallica” ovvero Senigallia. Occorre precisare che i primi documenti in cui compare il nome di Siena risalgono, come è noto, a Plinio il Vecchio (Naturalis Historia) e Tacito (Historiae) e si riferiscono ad un periodo posteriore. Il nome di “Sena Julia” invece si trova indicato nella mappa della “Tabula Peutingeriana” del 1200 circa., un documento ricavato da antiche mappe dell’epoca imperiale romana. Ma torniamo al nostro prezioso libretto. L’estensore della storia ci ricorda che nel nostro territorio si fermò S.Ansano (in realtà, perseguitato, era fuggito da Roma) diffusore del cristianesimo a Siena, e che in Castelvecchio risiedevano i primi vescovi di Siena. Saltando il periodo longobardo e franco, le note storiche accennano alla peste che afflisse siena nel XIV secolo e si esplicita la data del 1516 come prima apparizione della nostra Contrada: “Nel 1516 le due antiche Contrade di Porta all’Arco, e di S. Agata ricordevoli del Vessillo, che, come sopra, avevano adottato i Romani Coloni, rappresentarono una Tartuca in Carro di Trionfo, scortato da numerosa schiera di Giovani vestiti alla Romana e spiegarono il Vessillo nero, e giallo come simbolo del Romano Impero con in mezzo una gran Tartuca in campo azzurro”. Le notizie riportate naturalmente non sono corredate da note documentali che possano testimoniarne l’autenticità e una buona dose di fantasia accompagna le poche righe che descrivono la nascita della nostra Contrada. Come Giovanni Mazzini ha evidenziato più volte, (cfr. ad es. “La Tartuca ed i suoi abitatori”, Il costume di un Popolo, Contrada della Tartuca, 2002) ”infatti, sebbene non vi siano dubbi che la Tartuca sia nata precedentemente la caduta della Repubblica di Siena (1555) il primo documento ufficiale con data certa in cui appare il nome della nostra Contrada è del 1560. La Tartuca infatti non è citata nella famosa descrizione del cartaio Cecchino della Caccia del 1546 sebbene un carro a forma di “Tartuca” si può notare in una delle altrettanto famose tele del Rustici riferite alla stessa occasione e realizzate, sembra, da copie dell’epoca. Nel documento del 1560 si chiede che “Marianotto fattor dell’Opera mandorno farsi precetto che subbito dia et consegni l’animale detto Tartuca a li homini di detta Contrada”. Queste poche frasi scovate da Mazzini rappresentano, fino ad oggi, le notizie più rilevanti circa l’origine della nostra Contrada. Da questo comunicato infatti sappiamo che la Contrada prende il nome dall’animale; che il nome “Tartuca” come aveva già messo in rilievo Roberto Barzanti (crf. “Un nome nostro”, L’Oratorio di Sant’Antonio da Padova alle Murella, Contrada della Tartuca, 1982) è di derivazione volgare italiana e non spagnola. Inoltre considerato che quasi sicuramente durante gli anni dell’assedio di Siena non sono state organizzate caccie ai tori, se la macchina della Tartuca era ricoverata in qualche magazzino ciò significa che la nostra Contrada esisteva precedentemente il 1552.
Per concludere questa breve nota riassuntiva dei documenti di maggior importanza scoperti fino adesso negli archivi riguardanti la Tartuca, occorre citare il documento della metà del XVI in cui sono riportati per la prima volta i nomi di tutte e diciassette le Contrade (seppure il Bruco è “Ovile”, la Pantera “Laterino”, la Torre è “Liofante”(cfr. Giovanni Mazzini, “La Compagnia del Drago in Camporegio”, Contrada del Drago, 2000). Le “Notizie” della pubblicazione tartuchina – tratte per lo più dalle memorie di G.A. Pecci – esaltano in particolar modo la magnificenza dei Carri allegorici e delle Feste realizzate dal XVI fino ad allora e seppure descritte con enfasi tale caratteristica dei tartuchini era ben nota e riconoscita da tutta Siena ed evidentemente si è prolungata per altre festose circostanze fino ai giorni nostri. Magnifica deve essere stata la festa del 1814 realizzata in occasione sia del rientro del Papa Pio VII a Roma dopo l’esilio forzato che del concomitante ritorno sul trono toscano di Ferdinando III, a causa della caduta di Napoleone. Tutta Via delle Murella “fu coronata da una pienissima illuminazione” con ben 80 archi: i lumi ad olio, si legge nel libretto, erano circa 30.000. Al centro della festa era allestita una sala con il ritratto di Ferdinando III ed un'altra per il ristoro dei cittadini. Nelle ultime pagine si riportano le parole iscritte in una lapide posta nell’Oratorio a ricordo della visita del Granduca e della consacrazione della chiesa tartuchina del 1818. Nel 1891 la Tipografia e Litografia Sordo-muti di Lazzeri manda alle stampe, per conto della Tartuca, l’opuscolo “Note storiche” in occasione della Festa Titolare del 14 giugno. Come riferisce Barbarulli nel già citato libro, tale edizione, fu probabilmente redatta da Giovan Battista Corsi, dopo che il Consiglio si espresse negativamente per una pubblicazione su Caterina Vannini. Il contenuto storico della pubblicazione è pressoché un riassunto della precedente edizione ma nelle pagina finale si dà conto del contributo artistico che arricchisce il nostro Oratorio realizzato proprio in quell’anno. Si tratta dell’incisione marmorea del pavimento da parte di Leopoldo Maccari secondo un bozzetto di Arturo Viligiardi rappresentante un miracolo di Sant’Antonio da Padova. Il disegno del Viligiardi tra l’altro è stato restaurato nel 2003 insieme ad altre opere grazie al contributo della Banca Monte dei Paschi. In chiusura del libretto del 1891, è pubblicato un inno che i componenti della Tartuca offrono devoti al Santo Taumaturgo. 

La pubblicazione del 13 giugno 1915, offerta in omaggio ai protettori, si inquadra nel difficile periodo bellico che l’Italia sta iniziando ad affrontare. La prefazione infatti si richiama alle “sorti e i destini della nuova Italia” ed “ogni pensiero ed ogni atto che non fossero rivolti alla preparazione della grandezza Nazionale, sarebbero pensieri ed atti favorevoli alla vittoria del nemico esecrato”. E’ per questo motivo che il Consiglio della Contrada decide di sospendere tutte le feste e nel pubblicare questo libretto rammenta le delibere dell’Assemblea generale tartuchina adottate nel passato in quanto la Contrada aveva sempre risposto con la massima fermezza per le sorti di una Patria che adesso si trovava impegnata nella prima Guerra di Indipendenza. Si ricorda così le precedenti decisioni prese dalla Contrada in simili drammatiche circostanze: Il 16 luglio 1848 (prima Guerra di Indipendenza), su proposta del Priore Ascanio Corsini e del Capitano Giovanni Bordoni, fu deciso di sospendere la carriera del Palio di agosto in quanto sembrava “non convenire pensare ai divertimenti”. Nel 1859 (seconda Guerra d’Indipendenza) con l’Assemblea generale del 13 maggio la Tartuca prende la decisione per acclamazione di sospendere la Festa Titolare deliberando anche il contributo di cento lire a favore delle spese per la guerra contro gli Austriaci e aprendo una sottoscrizione tra tutti i contradaioli sempre per il medesimo scopo. Nella successiva assemblea del 12 giugno 1859 (terza Guerra di Indipendenza) si decide anche per la sospensione della carriera di luglio tenendo a precisare di ignorare “quale possa essere il resultato delle deliberazioni delle altre Contrade”. Dunque il 23 maggio 1915 in occasione dello scoppio della I Guerra mondiale e del richiamo alle armi da poco decretato dal Re, si convoca l’Assemblea generale per sospendere la Festa Titolare, dare alle stampa la pubblicazione con le quattro precedenti deliberibe “storiche” devolvendo “l’economia che verrà a conseguirsi per questo” alle famiglie dei richiamati più bisognosi. Infine si decide di chiedere alle autorità di sospendere il Palio. In calce al libretto sono riportate le lettere di ringraziamento al Priore Alfredo Venturini, da parte del Sindaco Livio Socini e del Prefetto di Siena.

In conclusione è possibile mettere in rilievo come un filo invisibile colleghi quel primo esordio editoriale del 1818 con gli altri libretti del 1891 e del 1915 per giungere fino ai recentisimi studi di Giovanni Mazzini e Giordano Barbarulli. La volontà, la passione e l’orgoglio tartuchino hanno fatto sì che le vicende, o più semplicemente “Le notizie storiche” di un cammino che procede da oltre cinque secoli fossero scritte in prima persona dai tartuchini stessi. E’ anche questa, in fin dei conti, la cifra stilistica della nostra Contrada.

Giovanni Gigli

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